Il tema della rigenerazione urbana, espressione complessa, dai molteplici significati ed interpretazioni, è da qualche anno al centro delle politiche urbane in Europa ed anche in Italia.
Fondamento comune a tutte le differenti riflessioni sul tema è l’idea che di fronte ai cambiamenti sociali, economici e culturali in corso, le città sono chiamate a modificarsi e riorganizzare lo spazio abitato in base a nuovi principi e a nuove logiche di sviluppo.
In particolare, i “vuoti urbani” e gli spazi che hanno perduto la destinazione originaria, che da un lato costituiscono fattore di degrado per il progressivo abbandono e dall’altro sono potenzialmente appetibili dal mercato per le condizioni di posizione e accessibilità, si offrono come occasioni per ripensare le funzioni del territorio, reinventando l’uso degli spazi, mettendo a sistema interessi e opportunità di diversa natura e sviluppando nuove sinergie tra pubblico, privato e sociale.
Si assiste ad un cambiamento di scenario, caratterizzato da un diverso sistema di vincoli ed opportunità: gli irrinunciabili obiettivi di contenimento del consumo di suolo e di valorizzazione del patrimonio pubblico, rendono necessario dare massima priorità al riutilizzo degli immobili e delle aree dismesse; a fronte di risorse pubbliche destinate allo sviluppo territoriale sempre più scarse, diviene necessario promuovere modalità di coinvolgimento e di collaborazione tra diversi portatori di interesse; nel contempo nuove domande sociali e nuovi stili di vita chiedono spazi nella città e stimolano l’innovazione delle politiche e dei servizi per aumentare la qualità urbana.
In condizioni di scarsità di risorse, diviene strategico scommettere sulla relazione positiva e virtuosa che si può instaurare tra iniziative che perseguono interessi particolari (e che possono riguardare un’area, un gruppo sociale, un business) ed obiettivi più generali (di qualità urbana e architettonica, di risparmio delle risorse naturali ed energetiche, di efficienza e razionalizzazione della vita urbana, di valorizzazione del patrimonio pubblico), che riguardano la collettività ed il bene comune.
Il confronto fra pubblico e privato richiede però che vengano profusi particolari sforzi nell’individuazione di dispositivi di innovazione sociale, capaci di ridurre le distanze fra i diversi attori, mescolare soggetti, valorizzare risorse eterogenee, superare le criticità del funzionamento della macchina amministrativa (complicazione delle procedure, frammentazione settoriale, resistenza al cambiamento,…).
Questo approccio ha quindi forti implicazioni per l’azione politica ed amministrativa: la sfera pubblica, ossia l’insieme delle iniziative finalizzate a trattare istanze collettive, richiede di essere rinnovata nei contenuti e nei meccanismi organizzativi, con lo sviluppo di nuovi strumenti sia sul versante dell’ascolto/stimolo della domanda di politiche, servizi, spazi, che dell’offerta di procedure chiare, snelle e trasparenti e modalità di azione articolate ed operative per far fronte a tali istanze, coordinandole con la complessità del quadro normativo e dei processi istituzionali.
Strategica diviene la creazione e la facilitazione di occasioni e opportunità per aprire processi che valorizzino la “capacità di fare” di uno o più attori e consentano la sperimentazione di iniziative in qualche modo correlate alla produzione di “effetti pubblici”.
Gli spazi dismessi ed inutilizzati nelle città possono in tal senso rappresentare un elemento in grado di catalizzare/stimolare attenzioni, desideri e progettualità e la loro messa a disposizione per iniziative, proposte, azioni, piani e progetti di riutilizzo sociale (servizi di comunità, luoghi di aggregazione, produzione artistica e culturale, sport, creazione di distretti creativi, impresa sociale, housing, formazione, etc.) può costituire una occasione favorevole per la ricerca e lo sviluppo di positive sinergie tra istituzioni e parti sociali.